“Il nome Philophon e il desiderio di aprire un’etichetta me li sono portati per anni nel mio cuore
- racconta Max – solo che non c’erano le condizioni per farlo. Era il periodo in cui ero sempre in tour con gli Embryo, la leggendaria band del Krautrock. La svolta arrivò quando lasciai Monaco per Berlino unendomi al gruppo gamelan del compositore indonesiano Gutama Soegijo. È stato nel suo studio che ho avuto la possibilità di prendere uno spazio. Finalmente avevo trovato un posto dove poter costruire qualcosa. Iniziai a lavorare con Stibbo Spitzmüller come tecnico e facemmo i primi esperimenti di registrazione. Era il 2012. Stibbo aveva portato una serie di vecchi apparecchi veramente notevoli: Telefunken, Neumann, Siemens … tanto che in inverno non ci siamo mai dovuti preoccupare del riscaldamento per quante valvole e tubi incandescenti avevamo intorno. Eravamo praticamente circondati! Avevamo gettato le basi per i Joy Sound Studios.”“Alla fine di quel decennio
- racconta ancora Max - il grande appassionato di musica Philippe Lehman ci chiama a New York in circostanze principesche per aiutarlo a ricostruire la scena Funk. Per un periodo abbiamo persino vissuto nei Daptone Studios a Bushwick e dormito nella stanza dove Amy Winehouse più tardi avrebbe inciso i suoi successi! Fu in quel periodo che ho potuto osservare e sperimentare da vicino il processo di strutturazione delle giovani etichette. Una volta rientrato in Germania, nella primavera del 2014, riuscii a convincere un distributore e fu così che uscirono i primi tre 7″ marchiati Philophon: Guy One, Alogte Oho and His Sounds Of Joy e Roy X. Poi fu la volta di “Invisible Joy”, l’album di debutto di Polyversal Souls, una sorta di secondo capitolo di Earthology (e Bitteschön, Philophon! Vol. 1 è quasi come fosse il capitolo numero tre). Poco più avanti fu la volta di leggende come Hailu Mergia, Alemayehu Eshete, Idris Ackamoor & The Pyramids e Jimi Tenor ad uscire su Philophon, che comincia così a diventare più che un hobby. In seguito poi scopro che la nostra base (che è studio, ufficio e magazzino tutto in uno) a Berlino si trova nello stesso edificio della Parlophon – a quel tempo senza la “e” che verrà aggiunta solo in seguito alla fusione con la Columbia e che diventerà l’etichetta dei Beatles. Parlophone – Philophon, forse la prossima rivoluzione musicale avrà luogo sulla mia etichetta?”